Era il 29 gennaio 1616, solo 400 anni fa, quando due olandesi, Jakob Le Maire e Willem Schouten (sopra in una stampa dell’epoca), doppiarono per la prima volta Capo Horn, il passaggio più temuto e pericoloso del mondo. Supportati dai commercianti della città di Hoorn, decisero di organizzare una spedizione per cercare di aggirare il monopolio della Compagnia delle Indie Orientali, che controllava i passaggi marittimi da est per Città del Capo e il Capo di Buona Speranza, e da ovest dal Sudamerica e dallo stretto di Magellano, le uniche rotte conosciute allora.
VERSO L’IGNOTO
Armarono due barche, la Hoorn e la Eendracht, e salparono da Texel nel giugno del 1615 verso l’ignoto. La Hoorn sparì nel nulla, ma la Eendracht, il 29 gennaio 1616, dopo mesi di navigazione durissima, doppiò quello che venne battezzato Capo Hoorn (e che noi chiamamo Horn) in onore del loro porto d’armamento. Per la cronaca il loro viaggio si concluse all’isola di Giava.
L’EVEREST DELLA VELA
Si apri così una nuova rotta che alimentò i traffici e il mito della navigazione più pericolosa di tutti i mari. Sempre a gennaio, il 16 del 1911, si celebra anche il passaggio della prima barca da diporto, lo yawl australiano Pandora di 11 metri. I due skipper passarono indenni Capo Horn per poi scuffiare a sud delle isole Falkland. Da allora il doppiaggio di Capo Horn è considerato dai velisti come una scalata sull’Everest. L’ultimo dei “Cape Horner”, in ordine di tempo, è stato Franck Cammas, che lo ha doppiato a bordo di un piccolo catamarano dotato di foil. Si calcola che per adesso, non siano più di 2.500 i marinai che in 400 anni siano riusciti nell’impresa.